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Storia, fatti, personaggi e curiosità di Atripalda




-------------------------------STORIA-------------------------------- L'attuale nucleo urbano è in parte edificato sui resti dell'Abellinum vetus e del suo immediato suburbio, in una zona frequentata sin dalla tarda età del bronzo (XIII-X sec. a.C.), come sembrano dimostrare alcuni reperti archeologici riferibili ad un insediamento capannicolo della Civiltà Appenninica. Su questo villaggio all'aperto, situato sulla riva sinistra del fiume Sabato, venne progressivamente formandosi in età sannitica (V-III sec. a.C.) un piccolo abitato poi fortificato da un circuito murario in opera quadrata (oppidum Abellinatium) e recentemente localizzato nell'area prossima al settore nord delle mura di età tardo-repubblicana (I sec. a.C.). Durante la guerra sociale (89-88 a.C.) Silla con molta probabilità occupò senza distruzioni o saccheggi il primitivo centro degli Abellinates Protropi deducendovi in seguito alla legge Sempronia una colonia per i suoi veterani (milites lassi). Non è invece documentata con certezza la deduzione di una colonia graccana nel 123 a.C., mentre sicuro è l'invio di altri contingenti coloniali, composti per lo più da ex legionari romani, da parte di Ottaviano Augusto. Dallo stesso imperatore, come è espressamente indicato da Plinio (III, 105), Abellinum fu annessa alla ll Regio, l'Apulia, a cui era già legata economicamente per il grande traffico che si svolgeva sulla via Appia, messa in comunicazione con la città dalla strada che portava ad Aeclanum (odierna Passo di Mirabella). In età imperiale il centro portava il titolo di Colonia Veneria Livia Augusta Alexandriana Abellinatium. Il primo appellativo, Veneria, derivava dalla presenza nel luogo di un santuario e di sacerdotesse legate al culto di Venere. Livia Augusta fu aggiunto in onore alla moglie di Ottaviano, Livia Drusilla, che possedeva gran parte dei territori che si estendevano da Abellinum fino ad Aeclanum. L'appellativo di Alexandriana si ebbe in seguito ad una nuova deduzione coloniale di veterani provenienti dall'Asia Minore voluta fra il 222 ed il 235 d.C. dall'imperatore Alessandro Severo. Nel IV secolo la città era sotto la giurisdizione del Vicarius Urbis Romae ed al V secolo risale la costituzione della Diocesi. Fra i primi vescovi di Abellinum è menzionato Timoteo, che prese parte nel 499 al concilio di papa Simmaco. Il Cristianesimo vi si diffuse a partire dalla seconda metà del III secolo d.C. e la stessa persecuzione di Diocleziano (303-312) provocò, secondo la tradizione, il sacrificio di molti martiri, fra i quali Ippolisto e Modestino, sepolti poi nello specus Martyrum (odierno ipogeo della chiesa di S. Ippolisto), ubicato oltre la riva destra del Sabato, nel luogo ove esisteva precedentemente una estesa necropoli romana. Abellinum andò progressivamente spopolandosi per la profonda crisi economica che la investì fra il III e IV secolo d.C. ed in seguito a terremoti (346 d.C.), eruzioni vulcaniche (476 d.C.) ed all'opera devastatrice compiute dalla guerra combattuta fra i Goti e Bizantini (535-555 d.C.). L'abitato decade fino a scomparire del tutto dopo l'endemica peste del 565 e la conquista longobarda del 1571. Questa comportò la nascita di due nuovi nuclei urbani tra l'VIII ed il IX secolo: l'attuale Avellino, sulla collina La Terra, e l'odierna Atripalda, sulla riva destra del Sabato, intorno al castello del Monte de Truppualdo. Quest'ultimo è il nome del primo signore longobardo, Truppualdo Racco, che ricevette in feudo la parte orientale della contea di Avellino e da cui derivò anche il nome del paese attraverso le trasformazioni fonetiche di Truppualdo, Trupualdi, Tripaldo, Atripaldi, Atripaldo, Atripalda. La prima notizia di un castrum detto di Monte Atripaldo è contenuta in un atto di donazione del febbraio 1086. In un documento del 1098 si fa invece menzione del signore normanno del borgo fortificato, tal Ivone Iacono, che concede alla chiesa di S. Maria alcune proprietà in località Pozzi. Dalla Cronaca di Falcone Beneventano sappiamo inoltre che nel luglio 1132 Ruggicro II con il suo esercito si accampò nei pressi del Montis Atrupaldi. Nel 1138 ne troviamo signore Trogisio de Serra, seguito nel 1147 da Ruggiero e Guglielmo de Serra, subfeudatari di Elia Gesualdo. Passato nel 1240 per via matrimoniale a Ruggiero de Lauro, il feudo entrò in possesso nel 1232 del napoletano Giacomo Capece, Gran Siniscalco del Regno e signore di Baiano, a cui successe il primogenito Marino (1248). A costui, per essersi schierato dalla parte degli Svevi, il feudo venne confiscato da Carlo I d'Angiò e nel 1268 concesso a Guido de Montfort, Vicario Generale del Regno di Sicilia, che lo perse nel 1271 per aver ucciso nella cattedrale di Viterbo il principe Enrico d'Inghilterra. Nello stesso anno la Corte Regia nominò castellano di Atripalda Jean de Bailly. Altri castellani che si avvicendarono provvisoriamente nella signoria locale furono Elia de Tuelle (1280), Guglielmo de Alaman (1281), Jacques de Montjustin (1282) e Gualtiero de Pontisere. Dopo la rivolta dei vespri siciliani Atripalda fu da Roberto d'Artois donata nel 1285 al salernitano Bernardo Scillato, mentre nel 1290 passò ad Anastasia de Montofort, che portò il paese in dote al marito, Romanello Orsini, conte di Noia. Gli Orsini di Noia tennero a lungo il feudo attraverso i nobili Roberto (1331), Raimondo (1420), Orso (1462) e Raimondo II (1480). Quest'ultimo ne venne privato dal demanio regio nel 1484, anche se fu restituito dalle truppe francesi già nel 1501 al conte Camillo Orsini. Nel 1502 gli spagnoli diedero il feudo alla nipote di Ferdinando il Cattolico, Giovanna d'Aragona, la quale nel 1512 per venticinquemila ducati lo vendette al Consigliere Regio Alfonso Castriola, primo marchese di Atripalda dal 1513. Acquistato nel 1559 dal genovese Giacomo Pallavicini Basadonna il feudo venne nel 1564 alienato a Domizio Caracciolo, il quale ottenne nel 1572 da re di Spagna il titolo ducale. Alla famiglia Caracciolo il paese appartenne fino all'abolizione della feudalità con i principi di Avellino Marino I (1576), Camillo (1591), Marino Il (1598), Francesco Marino (1630), Marino Francesco Maria (1674), Marino III (1727), Francesco Marino II (1781)e Giovanni (1784), ultimo duca di Atripalda. Ai moti reazionari del 1820 i cittadini atripaldesi aderirono con l'organizzazione in paese delle vendite carbonare denominate "I figli di Attilio Regolo", "I seguaci di Scevola sul Sabato" e "Valore Irpino". Molti i patrioti condannati nel 1824 dal tribunale borbonico, fra i quali Giuseppe Ronca, Raffaele Limongelli, Angelo De Lauri, Domenico Scarpa, Gaetano Camarota ed i cugini Alfonso e Mario Belli



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